MUGELLO – Fino a diversi anni fa ogni podere, giardino o orto del Mugello, poteva vantare la presenza di numerose varietà di piante da frutto, alcune di queste esclusive proprio del nostro territorio. Molte di queste piante erano selezionate e coltivate già dal tempo dei Medici. Avevano nomi strambi ed erano legate a storie particolari che si perdono nella notte dei tempi. Tutti allora conoscevano bene il sapore della pera “briaca”, della pera “limone” o della mela “ruggine”. La grande varietà di piante permetteva di avere una fruttificazione scalare nelle stagioni che consentiva di consumare frutta fresca quasi tutto l’anno. Le piante, inoltre, venivano selezionate in base all’adattabilità, a situazioni ambientali diverse e per poter resistere a malattie e ad agenti patogeni senza l’utilizzo delle attuali sostanze chimiche.
Così come per tutte le specie vegetali coltivate o spontanee, l’origine del melo si perde lontano nel tempo e anche la sua provenienza è abbastanza indefinita: gli altipiani dell’India e del Pakistan, l’Asia Centrale Sovietica o l’Asia Minore.
Per secoli furono prevalentemente gli ordini monastici a occuparsi di coltivare e migliorare le diverse qualità di questo frutto. Soltanto con il Rinascimento si ebbe un forte impulso verso la frutticoltura, soprattutto in Toscana, dove sorsero, presso la corte Medicea e presso le ville ducali, frutteti con varietà di pregio e condotti con tecniche innovative.
La mela, quindi, è il frutto prediletto che diede ristoro ai primi abitanti della terra e che da allora ha sempre accompagnato l’uomo sino ai giorni nostri. Questo frutto attraente e salutare è stato sempre associato alle vicende dell’umanità e in ogni tempo ha ispirato leggende e storie sacre e profane: partendo da Eva per arrivare a Paride, Biancaneve, Guglielmo Tell e Newton.
La mela è stata caricata, nei secoli, di forti simbolismi religiosi. Nella tradizione cristiana, infatti, la mela è il frutto proibito che interpreta la condizione umana dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre. Per il colore giallo di alcune mele, talvolta le troviamo correlate tanto al male, come il satanico zolfo, quanto al bene, come la “mela d’oro” delle Esperidi, che avrebbe conferito l’immortalità.
Simbolo di bellezza e di tentazione, la mela è senza dubbio il frutto per eccellenza, quello che più di tutti ha ispirato l’immaginario di tanti popoli e culture distanti tra loro; è stata fin dall’antichità cantata dai poeti, ritratta dagli artisti e inserita nei proverbi:

Una mela marcia ne guasta cento
È meglio caschi la mela che l’albero
Ogni mela ha il proprio baco
Anche le mele rosse hanno il verme
Una mela al giorno leva il medico di torno
Tutti patirono per una mela
Adamo mangiò la mela e il seme gli rimase in gola
La mela non cade lontano dall’albero

Nelle fiabe la rossa e seducente mela è l’alimento magico per eccellenza. Nella fiaba dei fratelli Grimm, una mela avvelenata viene offerta a Biancaneve dalla strega cattiva. In altre fiabe, la mela presa nel giardino da una fata o da un mago e offerta in dono a una regina, permette alla sovrana di concepire il tanto desiderato figlio.
La mela naturalmente, occupa un posto di primo piano anche in cucina, si presta infatti per numerose ricette, che siano dolci o salate ma come noto è soprattutto ingrediente essenziale di molti dessert. È possibile mangiarla cruda, cotta, con o senza la buccia l’importante è che non sia trattata. Oggi vi propongo due ricette, una che rispecchia la tradizione contadina, molto semplice negli ingredienti e nella preparazione e l’altra più ricca negli ingredienti e nei sapori.
Nei prossimi articoli vedremo altre possibilità di utilizzo di questo frutto meraviglioso.


Prima ricetta

Ingredienti:
Farina gr.100
Zucchero un cucchiaio
Mele Golden 2
Grappa 3 cucchiai
Un tuorlo
Un albume
Scorza di limone
Latte 10 cucchiai
Sale un pizzico
Olio di semi di arachidi q.b.
Zucchero semolato q.b.

Procedimento:
In una terrina setacciate la farina, unite un pizzico di sale, la grappa, il latte, la scorza di limone, lo zucchero e il tuorlo. Mescolate con la frusta fino ad ottenere una pastella omogenea. Lasciate riposare l’impasto per un’ora circa in frigorifero. Trascorso il tempo di riposo sbucciate le mele, privatele del torsolo e tagliatele a fette non troppo spesse. Unite al composto l’albume montato a neve ben ferma. Passate le fette di mela nella pastella e friggetele in abbondante olio ben caldo. Mettete le frittelle a scolare su carta da cucina. Spolverizzate con zucchero semolato prima di servire.


Seconda ricetta

Ingredienti:
Farina gr.150
Uovo 1
Mela Golden 1
Zucchero gr.50
Una arancia biologica
Un limone biologico
Uvetta sultanina gr.50
Rhum un cucchiaio
Latte mezzo bicchiere
Lievito per dolci gr.4
Un pizzico di sale
Olio di semi di arachidi q.b.
Zucchero a velo o semolato q.b.

Procedimento:
In una terrina sbattete con la frusta l’uovo, lo zucchero e un pizzico di sale. Unite il latte, la scorza grattugiata degli agrumi, la farina e il lievito setacciati insieme, il Rhum, il succo dell’arancia, l’uvetta precedentemente fatta rinvenire in acqua, strizzata e asciugata. Il composto dovrà risultare fluido ma non liquido. Coprite il recipiente e fatelo riposare per 2/3 ore in frigorifero. Trascorso il tempo di riposo, unite la mela sbucciata, privata del torsolo e tagliata in piccoli pezzi. Preparate una padella di ferro con abbondante olio di semi. Quando l’olio sarà caldo, versate a cucchiaiate non troppo colme, l’impasto. Fate attenzione a non sviluppare un calore dell’olio troppo forte, affinché le frittelle possano cuocere lentamente anche al loro interno. Mettete le frittelle a scolare su carta da cucina. Spolverizzate con zucchero semolato prima di servire.
Note: Volendo, prima della cottura, si possono unire al composto dei pinoli.


Patrizia Carpini vive a Barberino di Mugello e si occupa da anni di cucina. Dopo essersi formata con i più grandi cuochi e pasticceri di Italia da qualche anno organizza anche corsi di cucina nel Mugello.

 

 

 

 

Patrizia Carpini Cooking Experience
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 2 Ottobre 2021

Irene De Vito
Author: Irene De Vito

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