BARBERINO DI MUGELLO – Una volta gli animali dell’aia o da cortile erano allevati dalle famiglie contadine per i fabbisogni più immediati. Polli, anatre, oche, faraone e tacchini erano abituati a girovagare liberi nell’aia in cerca di granaglie.

Nei primi anni del 1800 Emanuele Repetti girava la Toscana per scrivere il suo “Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana” e, parlando degli animali che popolavano il Mugello, si rallegrava nel rilevare la presenza abbondante di polli e di tacchini. In particolare, il gran numero di tacchini era un elemento che aveva focalizzato l’attenzione del Repetti e ritenuto insolito rispetto alla comune popolazione del pollaio.

I tacchini osservati erano di piumaggio nero e di dimensioni molto inferiori agli attuali. Avevano abitudini piuttosto simili ai polli e grazie anche al loro becco, più robusto di quello del pollo, riuscivano sicuramente ad utilizzare meglio le risorse che l’ambiente circostante offriva.

A distanza di qualche decennio l’Artusi nel suo manuale pratico per le famiglie “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene” spiegava come utilizzare al meglio le carni del tacchino: “Si può cucinare in tutti i modi: a lesso, in umido, in gratella e arrosto; la carne della femmina è più gentile di quella del maschio. Dicono che il brodo di questo volatile sia caloroso, il che può essere, ma è molto saporito e si presta bene per le minestre di malfattini, riso con cavolo o rapa, gran farro e farinata di granturco aggraziate e rese più gustose e saporite con due salsicce sminuzzate dentro. La parte da preferirsi per lesso è l’anteriore compresa l’ala, che è il pezzo più delicato. Per l’arrosto morto e per l’arrosto allo spiedo si prestano meglio i quarti di dietro.”

Il tacchino o pollo d’India, quindi, aveva conquistato il suo posto nell’aia e anche nelle cucine del Mugello. A San Godenzo per il Carnevale si preparavano rigatoni con sugo di tacchino in umido e per Berlingaccio si mangiava la pappagorgia fritta; nella campagna di Vicchio lo si preparava in dolce forte; a Sant’Agata lo si lessava dopo averlo ingrassato con ghiande e noci. Migliacci e frittelle di farina di castagne accompagnavano il tacchino. A Barberino, durante il periodo della Fiera di settembre, il piatto tipico delle trattorie era la tacchinella lessa.

Una anziana signora di Barberino mi raccontava che suo nonno cominciava ad acquistare i tacchini agli inizi di agosto. Da bambina lei aveva il compito di condurre gli animali al fiume, dove mangiavano tutto quello che trovavano e ogni sera li doveva riportare tutti quanti a casa. I tacchini, una volta ingrassati, venivano rivenduti durante la fiera di settembre.

Tutte le trattorie del paese, come Colombo, il Berti sotto le Logge o Buzzino, al tempo della fiera preparavano la tacchina lessa. Si preferiva la tacchina femmina perché più tenera del maschio. In quel periodo venivano anche molte persone da fuori paese per assaggiare questa prelibatezza, oggi quasi dimenticata perché ormai lontana dai gusti attuali.

In occasione della Fiera di settembre a Barberino, ho deciso comunque di rendere omaggio a questo stupendo animale con una vecchia ricetta toscana che esalta la delicatezza della sua carne.


LA RICETTA 

Ingredienti per 6 persone

  • Petto di tacchino gr.700/800
  • Sale e pepe
  • Olio di oliva 5 cucchiai
  • Due rametti di salvia
  • Due/tre rametti di rosmarino
  • Latte cl.850

Procedimento

Salate e pepate il petto di tacchino, unite i rametti di rosmarino e di salvia e legatelo con lo spago da cucina per dargli una forma regolare. Mettetelo in una pentola della grandezza giusta per contenerlo senza stringerlo. Fatelo rosolare da tutti i lati nell’olio fino a doratura. Unite altre foglie di salvia e di rosmarino e copritelo con il latte.
Fate cuocere l’arrosto per almeno due ore su fuoco bassissimo e a pentola scoperta, girandolo a metà cottura.
Presentate l’arrosto tagliato a fettine sottili, servite a parte la salsa, che potrà essere preventivamente frullata se disturbano i fiocchetti di latte coagulato che vi sono sospesi.
Accompagnate la pietanza con spinaci saltati e funghi porcini.

Patrizia Carpini
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – settembre 2021

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