
Matteo Tagliaferri e Mirko Vicino, socio lavoratore, in una piantagione di caffè in El Salvador
MUGELLO – Qualche anno fa avevamo incontrato Matteo Tagliaferri e Laura Zanieri, presidente e vice-presidente, di raccontarci qualcosa di più su “Anna Caffè” (articolo qui). La realtà sociale autonoma nata a Borgo San Lorenzo che lavora alla tostatura del caffè e al confezionamento di cialde e miscele, impiegando persone in situazione di svantaggio sociale e lavorativo. Li abbiamo nuovamente intervistati, dopo tanto lavoro e viaggi per ampliare il progetto.
Sono passati quasi 5 anni dalla nostra intervista dopo il viaggio in Honduras, ci raccontate cosa è successo in questo periodo?
Beh diremmo tantissimo!
Il primo periodo è stato dedicato molto alla ricerca di prodotti di alta qualità che fosse davvero socialmente responsabile all’origine e alla creazione di un marchio che trasmettesse, appunto, qualità e giustizia. Ma la nostra volontà, oltreche’ indicazione esplicita che abbiamo inserito nello statuto, era anche quella di creare posti di lavoro per persone fragili, punto centrale del progetto Anna Caffè.
Quello di cui ci siamo resi conto è che sarebbe stato molto difficile poter dare lavoro a persone fragili producendo soltanto il caffè a nostro marchio, ovvero un caffè di nicchia con una produzione limitata. Dovevamo coinvolgere altre aziende, dovevamo aprirsi. In questo abbiamo trovato un partner eccezionale nella volontà di andare in questa direzione, ovvero la Fratelli Bonacchi di Quarrata, nel mondo del caffè da 30 anni. Insieme, abbiamo capito che c’era la possibilità di sviluppare un modello aziendale nuovo, capace di mettere insieme diverse aziende profit, ognuna con competenze specifiche sul mondo del caffè, collegate all’anima sociale di Anna Caffè; un gruppo di aziende che crede nella responsabilità sociale come modello di business e la affianca e inserisce dentro un sistema di alta competenza e professionalità.
Siamo molto grati di aver trovato persone del genere lungo il nostro cammino.
Dall’aprile 2022 abbiamo quindi iniziato una nuova fase: questo ci ha permesso di aumentare il lavoro e attivare ben quattro percorsi di inserimento con persone appartenenti alle categorie protette. La loro gratitudine, il loro entusiasmo, i loro sorrisi, sono per noi uno stimolo costante..
Oltre a questo abbiamo continuato a curare i rapporti con i produttori all’origine partendo dall’esempio Di Finca Rio Colorado, la nostra piantagione di riferimento, dove abbiamo sperimentato un modello di gestione socialmente responsabile a tutto tondo, che è diventato un esempio per diverse comunità Honduregne. In particolar modo Finca Rio Colorado ha per prima avuto la certificazione Slow Food Coffe Coalition, dando riconoscimento a un lavoro di anni e facendo da esempio a altre piantagioni con le quali collaboriamo da tempo avviando un percorso virtuoso del quale siamo molto orgogliosi.
Sempre di più abbiamo privilegiato i rapporti continuativi con loro e le loro realtà agricole, dove di anno in anno ci scambiavamo necessità e opportunità. Niente “caffè del mese” comprato quasi al buio da un trader ma rapporti diretti con chi lavora la terra e cura le piante. Nel modello che abbiamo creato i produttori si impegnano ad inviarci solo la qualità di cui abbiamo bisogno, ma ci garantiscono anche pratiche produttive sostenibili. I nostri acquisti costanti danno a loro sicurezza e stabilità, oltre a consulenze e formazioni (per esempio seguendoli nell’acquisizione di certificazioni di qualità, come quella della slow food coffe coalition) e pagando un giusto prezzo il loro lavoro.
Sono stati e saranno anni intensi, il mondo del caffè sta cambiando molto e molto ancora cambierà.
Infatti, come oramai molti sanno, il caffè verde ha avuto rincari incredibili. Il motivo principale è che a causa soprattutto dei cambiamenti climatici (gelate improvvise, piogge torrenziali in momenti nei quali mai si erano registrate, caldo torrido …) di caffè se ne produce di meno, allo stesso tempo la domanda mondiale cresce. A questo si aggiunge il problema del canale di Suez (per il caffè proveniente dall’Asia) e il conseguente aumento imponente dei costi di trasporto container. Infine un po’ di sana speculazione ed ecco fatto.
La tazzina sarà più costosa, non c’è niente da fare, se non, pensandoci bene, cogliere l’occasione per dargli il valore che non gli abbiamo mai dato, pretendendo, visto quanto costerà, che sia buono, estratto bene, che a domanda al barista “ che caffè sto bevendo” ci sappiano rispondere. Insomma che sia un’occasione per avere un po’ più di coscienza di quello che c’è lungo tutta la filiera del caffè, soprattutto verso chi fa la parte agricola che alla fine son sempre quelli che ci rimettono.
Anche per questo stiamo provando a fare qualcosa di diverso, qualcosa che abbia parimenti testa e cuore, che uniti, se ben gestiti, fanno tutta la differenza del mondo.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 19 aprile 2025
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